La Corte di Cassazione con sentenza n. 7502 del 25 marzo 2020 ha stabilito che un immobile di proprietà di un ente ecclesiastico, presso cui una cooperativa svolge servizi sociali e assistenziali, fra cui attività ricettiva e trasporto per anziani e disabili, sconta il pagamento dell’IMU se l’ente non dimostra in concreto che l’attività non è di tipo commerciale.
In base alla normativa vigente (articolo 7, comma 1, lettera i, D.lgs. n. 504/1992) sono esenti dall’IMU gli immobili destinati, fra l’altro, ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, sportive e religiose. Tale disposizione, come rilevato dalla Corte Suprema anche con sentenza n. 7415/2019, prevede per l’applicazione del beneficio l’esistenza di due requisiti:
- un requisito soggettivo, che consiste nella natura non commerciale dell’ente;
- un requisito oggettivo, cioè che l’attività rientri fra quelle indicate dalla citata disposizione.
Inoltre le attività devono essere svolte con modalità esclusivamente non commerciali.
Non rileva la circostanza che gli utili siano destinati a scopi umanitari o religiosi, in quanto tale elemento non ha valenza ai fini dell’esistenza o meno di un’attività commerciale.
Nel caso in esame la Cassazione, relativamente al requisito oggettivo, ritiene che lo svolgimento dell’attività ricettiva da parte della cooperativa senza finalità commerciali debba essere provato dal contribuente. Nella fattispecie trattasi di un immobile per ferie di proprietà della Chiesa Cattolica, per il quale deve sussistere un’accessibilità limitata della struttura, sulla base delle disposizioni regionali sulla ricettività secondaria, che non può essere utilizzata da una platea indifferenziata di utenti ma solo dalle persone legate all’attività istituzionale come scolaresche, iscritti al catechismo, membri di associazioni ecc. Inoltre, l’attività deve essere aperta solo per un periodo e non in via continuativa per 12 mesi all’anno (Cfr. Cassazione n. 19072/2019).