Il regime fiscale degli enti del Terzo Settore non commerciali

Il Titolo X del Codice del Terzo Settore (Codice) prevede uno specifico regime fiscale, che sarà pienamente operativo con l’emanazione dell’autorizzazione della Commissione europea prevista dall’articolo 104 del Codice.

Il Titolo X opera una distinzione fondamentale tra  attività commerciali e non commerciali svolte dagli Enti del Terzo Settore (ETS), prevedendo per le non commerciali un regime più vantaggioso.

L’articolo 79 del Codice stabilisce i criteri per qualificare l’attività di un ETS come commerciale o non commerciale. Si presume non commerciale l’attività quando:

  • è svolta a titolo gratuito;
  • oppure a seguito di versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi (si intendono non solo i costi di diretta imputazione ma anche i costi indiretti relativi all’attività svolta), tenuto conto anche degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni, anche sovranazionali o straniere e al netto dei contributi pubblici non previsti come obbligatori dall’ordinamento;
  • qualora i ricavi non superino di oltre il 6% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi.

Si considerano in ogni caso non commerciali:

  • l’attività di ricerca scientifica di interesse sociale, anche se affidata ad università o altri organismi, purché gli utili vengano reinvestiti nella ricerca e nella diffusione dei risultati e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell’ente e ai risultati prodotti;
  • gli interventi e servizi sociali, le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, se esercitate da fondazioni ex Ipab, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle suddette attività e che non sia previsto alcun compenso a favore degli amministratori.

L’articolo 79, comma 5 bis , ricomprende tra le entrate  non commerciali: i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative e ogni altra entrata ad esse assimilabile e il valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti alle attività svolte con modalità non commerciali (proventi figurativi).

Le sponsorizzazioni  non rilevano, come entrate, ai fini del calcolo della commercialità o meno dell’ente.

Le entrate da raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente e i contributi e gli apporti da pubbliche amministrazioni non concorrono alla formazione del reddito dell’ente non commerciale  ai sensi dell’articolo 79 comma 4.

L’articolo 79, comma 5, consente di individuare il parametro per determinare se un ETS è o meno commerciale: l’ETS  sarà commerciale, qualora i ricavi delle attività di interesse generale svolte con modalità commerciali e delle attività diverse sono  superiori, nel periodo d’imposta, ai ricavi derivanti da attività commerciali,  nel caso contrario, l’ETS sarà non commerciale.

Qualora predetto parametro si modifichi nel corso dell’esercizio, l’eventuale mutamento della qualifica, da ETS  non commerciale a ETS  commerciale (o viceversa), opera a già partire dal periodo di imposta in cui l’ente assume la nuova qualifica. La disposizione può creare notevoli complicazioni da un punto di vista pratico,  considerato che molti enti potranno essere certi della loro qualifica fiscale solo ad esercizio terminato. Nel caso in cui un ETS  mutasse la qualifica  da “non commerciale” a “commerciale” in corso d’esercizio  dovrebbe qualificarsi “retroattivamente” come “ETS  commerciale”, con conseguenze necessità di  ricostruzione del suo regime contabile e fiscale.

 Ai fini della tassazione delle imposte sui redditi  gli ETS non commerciali possono  applicare il regime forfettario previsto dall’articolo 80 del Codice che prevede la sola imponibilità dei ricavi delle attività svolte in forma commerciale e delle attività diverse; l’ETS commerciale, invece, non gode di alcun regime agevolato e pertanto sono imponibili, in regime della tassazione ordinaria, tutti i ricavi  compresi quelli derivanti da attività svolte in maniera non commerciale.

Il regime agevolato di cui all’articolo 80 del Codice consente la determinazione forfettaria  del reddito  applicando ai ricavi delle attività commerciali  i  coefficienti indicati al comma 1 sommando le plusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze attive, dividendi e i proventi immobiliari.

La tassazione varia a seconda che le attività rientrino tra le  prestazione di servizi  o  altre attività.

Nel primo caso si configurano tre scaglioni di reddito: fino a 130.000 euro si applica  un coefficiente di redditività del 7%; da 130.001 a 300.000 euro si applicherà un coefficiente  del 10% e oltre i 300.000 euro un coefficiente del 17%. Nel caso di altre attività , per i medesimi scaglioni, si applicano  rispettivamente un coefficiente del 5%,  del 7% e del 14%.

Qualora l’ETS svolge sia attività di prestazione di servizi sia altre attività si applicano i coefficienti della categoria prevalente e nel caso in cui non ci sia una distinta annotazione dei ricavi delle due attività, si applicano i coefficienti relativi all’attività di prestazione di servizi.

Per accedere al regime forfetario l’ETS  deve esercitare la relativa opzione nella dichiarazione annuale dei redditi; l’opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel quale viene esercitata e fino ad eventuale revoca. Non è possibile revocare l’opzione prima che sia decorso un triennio.