Gli enti non profit, a seguito del D.L. 30 giugno 2025, n. 95, sono soggetti alla verifica del Comitato di sicurezza finanziaria (CSF) dei flussi finanziari allo scopo di individuare possibili abusi per finalità di finanziamento del terrorismo.
Il Comitato dovrà assumere anche il compito di sensibilizzare tali realtà dal lato dei controlli da attuare e sulle misure preventive da adottare, accrescendone la consapevolezza sui rischi che potrebbero derivare dal trasferimento dei fondi in entrata e uscita attraverso canali non opportunamente verificati.
Sotto il profilo soggettivo l’art. 11, comma 1, DL 95/2025 non riferisce ad una categoria specifica di enti non profit ma genericamente fa riferimento agli enti che si occupano di raccogliere ed erogare fondi per scopi caritatevoli, religiosi, culturali, educativi, sociali o fraterni, oltre che per attività considerati di pubblica utilità (ivi inclusi gli enti del Terzo settore).
La disposizione, pur non introducendo obblighi formali, richiede un’implementazione dei meccanismi di controllo interno dell’attività erogativa svolta da enti senza scopo di lucro ma non riconduce tali enti tra i soggetti tenuti ad applicare la disciplina antiriciclaggio del d.lgs. 231/2007. Gli enti potrebbero essere chiamati a fornire informazioni sulla provenienza e sulla destinazione dei fondi, a dimostrare la tracciabilità delle erogazioni e a documentare l’esistenza di adeguati sistemi di controllo interno.
A seguito di tale disposizione è pertanto opportuno migliorare le procedure interne di monitoraggio e tracciabilità dei flussi finanziari, soprattutto nei casi di c.d. “erogazioni a catena”, ossia quei flussi economici ove l’ente percettore trasferisce le risorse ricevute verso altre entità, che a loro volta possono erogarle ulteriormente.